Articolo su Quotidiano di Lecce del 23.XI.1996, p. 1 e cr., p.V

Lecce e Schipa.

Un’occasione da non perdere e non solo per il melodramma

 

di Tito SCHIPA Jr.

 

 

            “Facciamo di Lecce la città di Schipa”. Trovare un titolo del genere su una prima pagina del Salento mi ripaga di anni di lavoro, sforzi, piccole e grandi battaglie. Un grazie sincero al Quotidiano.

            Nella pacata polemica (l’aggettivo è segno dei tempi cambiati) tra la testata e l’assessore non riscontro nulla di deteriore o preoccupante. Asserendo che Schipa era l’idolo di suo padre Invitto è interprete involontario, sicuramente con le migliori intenzioni, di un oblio che non verso Schipa ma verso l’intero retaggio del Melodramma colpisce non solo Lecce ma un’intera nazione. Anzi, il collegare quel nome con la memoria pa­terna significa almeno riconoscergli un valore sicuro nella memoria e negli affetti. Vi assicuro che non è poco. Da molti anni dedico gran parte della mia attività a risvegliare l’attenzione del pubblico verso l’incredibile patrimonio di emozioni e divertimento che rinunciando all’O­pera l’Italia si vuol negare. Non ho spazio qui per esplorare i misteriosi motivi di questo assurdo suicidio culturale sul quale troppo poco si è detto o scritto. Ma sta di fatto che esaurita la grande tradi­zione figurativa e architettonica del Rinascimento, nulla abbiamo prodotto fino a oggi per il mondo, null’altro che ci abbia fatto veramente grandi e unici, se non il racconto in musica. Se il cibo e - dì recente - la moda, ci pongono come grandi contribuenti al meglio del costu­me internazionale, dal punto di vista squisitamente artistico e culturale noi siamo stati negli ultimi tre secoli, e sia­mo ancora unicamente, i creatori e gli esportatori dell’Opera. Il resto non è mai interamente farina del nostro sacco.

Ora Lecce continua ad avere la possibilità non comune d’identificarsi con l’artista che in questo secolo ha da un la­to portato l’arte del recitar cantando ai livelli più alti di consapevolezza (Tito Schipa non è stato il più grande tenore, ma certo il più grande interprete lirico maschile) e dall’altro ha portato nel mondo del melodramma una ventata di grande innovazione, meditando per esempio nel 1920 di scrivere opere con musica jazz, e quindici anni prima che Gershwin stupisse il mondo con Porgy and Bess! Senza contare il protagonismo vincente di Schipa nel mondo della canzone, del tango, del cinema musicale leggero dove batteva regolarmente i record d’incasso di botteghini e hit parade dell’epoca.

Ora, nel momento che ci sono segni evidenti da parte degli imprenditori di voler sostenere qualunque cosa contri­buisca alla creazione di un’immagine forte del Salento nel mondo, la distrazione di Lecce verso il suo maggior veicolo di attrazione internazionale appare, ef­fettivamente, due volte più grave rispet­to alla distrazione del resto del Paese verso l’Opera.

Ho contribuito come meglio potevo a tutti gli sforzi per reagire a una simile di­strazione. Lo farò ancora, segnalando con ostinazione a chi porta le responsa­bilità decisionali in ambito leccese che va bene ribadire l’immagine di Schipa come purista legato allo specifico del melodramma, ma che sarebbe almeno inge­nuo non cogliere le possibilità in più che Schipa continua a offrire generosamen­te a chi solo voglia accorgersene. E cioè le possibilità del mondo dello spettacolo musicale nel suo complesso, quale egli stesso lo concepì sempre, con attenzione continua alle esigenze del pubblico con­temporaneo.

Incontrando Cosimo Longo, presi­dente dell’attenta e generosa Associa­zione intitolata a mio Padre, mi pare di aver colto dei segni d’interesse alla mia proposta di estendere il concorso Schipa (e sarebbe qualcosa di davvero unico al mondo) ai settori non solo puramente canori ma anche interpretativi e recitati­vi, selezionando nel mondo i migliori ar­tisti completi del melodramma quale Schipa era. Le finali di un simile concor­so, tra esibizioni vocali ed esibizioni sce­niche dei concorrenti, sarebbe già dal punto vista della fruizione, molto dina­mico e stimolante per ogni tipo di pubbli­co. A ciò si potrebbe affiancare, anche solo sperimentalmente, un settore per giovani artisti della grande commedia musicale internazionale, in ogni lingua. Questo aprirebbe le porte al pubblico dei giovani, e lo garantisco personalmente. Infine, approfittando della scansione biennale della competizione, si potrebbe esportare la manifestazione, negli anni alterni, in un paese sempre diverso della Comunità europea, attirando così l’at­tenzione e le possibilità contributive di ogni realtà pubblica e privata del conti­nente.

            Vi pare troppo, nel nome dell’artista che cantò di più, più a lungo e più ecletticamente nella storia del 900?