Articolo su Quotidiano di Lecce del 7.IV.2000, Cultura & Società, p.11

 

“Tito Schipa, il divo della lirica che amava anche le canzonette. Domani al Museo “Castromediano” di Lecce una serata in memoria del grande tenore leccese scomparso nel 1965”

 

di Eraldo MARTUCCI

 

L’APPUNTAMENTO

 

Appuntamento domani alle 18 al Museo provinciale di Lecce “Sigismondo Castromediano” per ricordare il grande tenore Tito Schipa. Una conferenza sul celebre cantante sarà tenuta dall’ingegner Gianni Carluccio, nipote di Schipa, e saranno proiettate 170 immagini che illustreranno le tappe fondamentali della carriera dell’usignolo del Salento. Nel corso della serata il pubblico potrà ascoltare alcune rarissime registrazioni musicali e alcune scenette in dialetto leccese recitate da Schipa. Alla serata interverranno due cantanti che si sono esibite con il grande Tito come Vanna Camassa e Maria Ingrosso.

Fra i documenti esposti al Museo in occasione di questo appuntamento anche alcune foto giovanili del tenore, inedite; immagini tratte dai film di Schipa; i manifesti delle principali stagioni liriche e di alcuni concerti tenuti dal tenore a Lecce; il programma della serata di gala del 10 gennaio 1930 (Schipa cantò nel “Don Pasquale”) tenuta presso il teatro dell’Opera di Roma in occasione delle nozze fra il principe Umberto di Savoia e Maria José.

 

Il pomeriggio del 3 gennaio 1966, a Lecce in piazza Sant’Oronzo, la voce di Tito Schi­pa si levò nell’Ave Maria di Schubert scuotendo la grande folla commossa.

Erano degli altoparlanti a diffonde­re quel canto e la gente riunita in piaz­za - buona parte in lacrime - era lì per dare l’ultimo saluto al grande tenore.

Tito Schipa era morto a New York diciotto giorni prima, il 16 dicembre 1965, ma la sua città natale gli tributò i funerali solenni solo quel pomeriggio di gennaio. Le spoglie del grande can­tante vennero poi tumulate nel cimite­ro “vecchio”, in un monumento a fog­gia di bara sormontato da un usignolo. La carriera di Schipa, nato il 27 dicem­bre 1888 (ma dichiarato all’anagrafe il 2 gennaio successivo), era durata circa mezzo secolo, costellata di trionfi, ma anche, nel privato, di amarezze.

Il debutto di Schipa era avvenuto a Vercelli, il 4 febbraio 1909, nella Tra­viata di Verdi. A Lecce cantò l’anno successivo, al Politeama: secondo al­cune voci l’accoglienza in patria non fu calorosa, ma di questo non imme­diato consenso - argomento sempre presente nelle conversazioni degli ap­passionati leccesi - non c’è traccia in alcun documento, né sui giornali del­l’epoca.

Comunque siano andate le cose in quella prima occasio­ne, in seguito il rapporto fra il più grande “tenore di grazia” del mondo e la sua città fu fe­licissimo. Lecce ne onorò i trionfi e fu ricambiata con grande affetto.

Di tanto amore, però. ben poco sembra essere rimasto. E come se la città avesse dimen­ticato il suo celebre figlio. La serata in onore di Schipa che avrà luogo domani sera presso il Museo Castromediano di Lecce non è, infatti, che un omaggio - certamente lodevo­le (promosso fra l’altro da un nipote del cantante, Gianni Carluccio) - ma bisogna dire che le istituzioni pubbliche, tenute ad essere custodi del ricordo di Schipa, non si sono granché impegnate in questi anni.

Eppure la fama di Schipa è ancora viva nel mondo e in Italia, come ha dimostrato anche il recente referen­dum di RadioTre sulla più bella voce del secolo, a cui hanno partecipato mi­gliaia di italiani (i più votati sono risul­tati la Callas e Schipa).

Pur non avendo un timbro bellissi­mo, il tenore leccese era dotato di una voce duttile e di una tecnica straordi­naria che gli permisero di eccellere non solo nella lirica, ma in tutti i gene­ri. Fu unico dal punto di vista della di­zione - perfetta - e della musicalità, avendo alle spalle anche seri studi da musicista (infatti compose un’operet­ta: “La principessa Liana”).

Il suo repertorio d’eccellenza era quello del tenore leggero: dall’Elisir d’amore al Werther, dal Barbiere di Si­viglia alla Manon; ma i suoi esordi av­vennero con opere come Tosca o Ca­valleria rusticana.

Divenuto famoso in Italia, in Spa­gna e in Sud America (dove fece le prime tournèe nel 1913), Schipa si tra­sferì negli Stati Uniti nel 1919 e si sta­bili a Chicago dove rimase fino al ‘32, ma fu nel decennio successivo che di­ventò il tenore più conosciuto nel mon­do, capace di “incendiare” il pubblico del Metropolitan di New York come quello della Scala di Milano.

La prova provata del grande suc­cesso è nell’enorme numero di incisio­ni discografiche che negli anni Trenta e Quaranta le grandi case musicali concedevano solo agli artisti più amati dal pubblico: Schipa condivideva que­sto primato con Enrico Caruso e Be­niamino Gigli.

Come ricorda in una monografia a lui dedicata dal nipote Gianni Carluc­cio (il promotore della manifestazione che, come già detto, si terrà domani alle 18 presso il Museo Castromediano di Lecce), il cantante leccese effettuò nel corso della sua carriera 760 esecu­zioni in teatro di opere complete (escludendo le repliche) e circa 900 concerti, in media un’esibizione a set­timana, in tutto il mondo, e cantando in nove lingue.

Il grande tenore non trascurò nem­meno la musica leggera. In occasione dei suoi concerti (in cui infilava anche sequenze di venti brani), uno dei bis più richiesti dal pubblico era “Mare­chiaro”, classica canzone napoletana che, interpretata da Schipa, gareggiava in popolarità con “O sole mio” cantata da Caruso.

Oggi in commercio, rimasterizzate in cd, si possono trovare anche delle bellissime esecuzioni di canzoni popo­lari leccesi: “Quannu te ‘llai la facce alla matina” (incisa, si pensi un po’, con il coro e l’orchestra della Scala di Milano), ma anche “Beddha e triste” e “Lecce gentile e bella”.

Tanto favore delle folle lo fece ra­pire anche dal cinema e fu lui, il can­tante leccese, ad essere il primo tenore protagonista sul grande schermo gra­zie ad alcuni filmati prodotti dalla Pa­ramount nel 1929.

Fra le altre pellicole, Schipa appar­ve anche in “Vivere”, il suo film più celebre, e in “Tre uomini in frac” che lanciò i due fratelli Eduardo e Peppino De Filippo.

Schipa era un personaggio com­plesso, molto attaccato alle origini, alla madre, alla sua città dove tornava spesso cercando di non perdersi la fe­sta del patrono alla fine di agosto.

Il suo affetto per la città e per i suoi concittadini era tangibile. Contribuì in maniera determinante all’istituzione del liceo musicale di Lecce (finanziò anche la costruzione dell’edificio) che diventò poi il Conservatorio che oggi ha il suo nome. Fu direttore artistico della Stagione lirica del 1926 dove portò i suoi colleghi più famosi, da Riccardo Stracciari a Margherita Carosio.

Irrequieto in amore ebbe tre figli: Elena e Liana (dalla prima moglie An­toniette Michel D’Ogoy) e Tito Schipa junior (nato dal secondo matrimonio, con Teresa Borgna).

Schipa ebbe una vita sentimentale alquanto movimentata: innamorato pazzamente di una sua cugina acquisi­ta - Emilia Cesano - che lo lasciò per farsi suora, rimase segnato da questa esperienza. Prima del divorzio dalla D’Ogoy, ebbe anche una relazione con l’attrice Caterina Boratto.