Quotidiano di Lecce del 18.II.2001, p.1 e LE III

 

La città e il grande tenore. Schipa? Lo ricorda solo un aperitivo

·        Tito Schipa? A Lecce lo ricorda solo un bar. Tutto ciò che porta il suo nome è invece abbandonato e nel degrado.

 

Chi era Schipa? Chiedetelo alle olive

·        Dalla casa alla tomba: degrado e indifferenza circondano tutto ciò che in città è legato al nome del grande tenore.

·        Una guida turistica tedesca cita soltanto il bar. Tutto il resto è un buco nero.

·        La sua casa natale, in una via del centro storico larga appena due metri, assomiglia ad un tugurio. Come l’ex liceo musicale.

 

di A.A. (prob. Alfredo ANCORA)

 

Raffaele Attilio Amedeo Schipa nasce a Lecce, quarto figlio di una famiglia modesta, nel dicembre del 1888, ma vie­ne iscritto all’anagrafe il 2 gen­naio ‘89. Il suo innato talento vocale viene notato dal mae­stro elementare Giovanni Albani poi da tutta Lecce. Dopo un’adolescenza agitata, Tito emi­gra a Milano ma il debutto av­viene a Vercelli. Comincia un travolgente successo che lo por­terà spesso all’estero. Muore il 16 dicembre 1965, dopo una carriera straordinaria per un cantante lirico in quanto a lun­ghezza, varietà e glamour.

 

Tito Schipa? Un aperitivo, ricco dei profumi della nostra cucina e nulla più. Questo pense­ranno i turisti dopo aver visitato la nostra città. Soprattutto i tede­schi, che di Schipa riportano con bella evidenza sulle loro guide, come la “Apulien-Kala­brien”, solo la presenza in città del bar di vico dei Fedele, pro­prio in piazza Sant’Oronzo. So­lo se avranno avuto il tempo di sedersi ai tavolini interni, potreb­bero capire che Tito Schipa è stata una persona di una certa importanza per questa città. Di­fatti all’interno del Bar Schipa c’è una vetrinetta con lettere au­tografe, ritagli di giornali d’epo­ca e foto del grande tenore. Ma usciti dal bar per i turisti, come per i leccesi, Tito Schipa sarà solo un grande buco nero, un bu­co nella memoria.

Poco più di un buco è infatti vico dei Penzini, una viuzza lar­ga meno di due metri in centro storico, alle Scalze, dove, nel ci­vico 6, alla fine di dicembre del 1888, nacque il tenore. Fuori da quel numero civico, oggi abitato dalla “Familia Kaci”, immigra­ta, ci sono due stendini con la biancheria ad asciugare. Nel­l’aria ci sono grassi profumi di cucina, ma di Tito Schipa non c’è traccia, nemmeno una targa, niente. Può darsi che il civico 6 di allora non sia lo stesso di og­gi, per questo chiediamo ad una vicina, leccese doc, che indica, senza esitazioni, proprio quel numero 6. L’altra casa, invece, la villa da lui costruita a Castrome­diano, è abitata ed in apparente buono stato. Un po’ meno la tomba di marmo che nel cimite­ro raccoglie le spoglie del can­tante morto il 16 dicembre del 1965. E’ alla inviolabilità e alla fredda lucentezza di quella pie­tra, più forte dello sporco e dei fiori appassiti, che questa città dimentica ha affidato il ricordo, una tantum, di Schipa. Una città di melomani che è riuscita a de­dicare al proprio, unico, grande tenore una piazza, nell’area della ex caserma Massa. Una piaz­za sfortunata, la piazza delle pro­messe mancate dove sarebbe do­vuto venire il centro direziona­le, il mercato, il parcheggio sot­terraneo. E poi il mercatino di quartiere, un edificio da adibire a uffici. Insomma una piazza dei sogni mancati rimasta alla mercé di migliaia di auto. Le persone, invece, da lì sono sem­pre di passaggio: lasciano la macchina e via da quell’area che è solo e sempre la ex caser­ma Massa. Dedicato a Schipa c’è poi un liceo musicale (ora ex scuola), in viale dell’Univer­sità, che oggi a guardarlo c’è da vergognarsi. E c’è da sperare che nessuno abbia l’infelice idea di indicarlo su qualche gui­da: le porte d’ingresso scrostate e cadenti, con buchi tappati da compensato; le ringhiere mangia­te dalla ruggine; il muschio che si sta mangiando la facciata. In alto, dei tre rosoni uno, quello centrale, non c’è più: ha lasciato solo la sua ombra. I quattro lam­pioni d’entrata in ferro battuto, e arrugginito, hanno i vetri rotti. E dai vetri rotti delle finestre si vede chiaramente che gli interni non stanno meglio: i pavimenti sono pieni dei calcinacci caduti dal soffitto. L’edificio - si pensa­va di farne il museo di Tito Schipa - è della Provincia che anni fa aveva affidato i lavori ad una ditta per la ristrutturazio­ne. Ma poco dopo la ditta aprì un contenzioso che costrinse l’amministrazione provinciale a rescindere il contratto. E così la cosa finì in mano a giudici ed avvocati. Cioè in un labirinto da cui non si esce.

Tutto quello che resta di Schipa, oltre al pianoforte in at­tesa di giusta collocazione, è un sito Internet (www.titoschipa.it) che contiene notizie e foto del grande tenore leccese ed un museo virtuale che non si apre perché è virtualmente in allesti­mento. C’è chi, come il profes­sor Gianni Carluccio, ha avviato un fitto carteggio con le istitu­zioni per l’apertura di un museo “vero” dedicato a Schipa, ma forse alla fine quel carteggio sa­rà materiale solo per arricchire il museo virtuale in Internet. Re­sta il Bar Tito Schipa a tenere alto il nome del tenore. Lo ha aperto il 1° aprile Davide Pati, un melomane, appassionato fan di Schipa. «Nessuno lo pensa, in città ci sono poche, anzi nes­suna manifestazione per ricor­darlo e così abbiamo pensato di fare noi un bar dedicato a lui», racconta il signor Pati mentre batte cassa. E con ottomila lire si possono gustare al tavolo oli­ve, mozzarelline, arachidi, rostic­ceria assortita, patate al forno, insalate miste, assaggini di ver­dure e di pasta. E’ il contorno dell’aperitivo “Tito Schipa”.

 

 

 

 

 

* NOTE:

 

Ovviamente il professor Gianni Carluccio non «ha avviato un fitto carteggio con le istitu­zioni per l’apertura di un museo “vero” dedicato a Schipa», ma è stato semplicemente, su incarico del M.o Tito Schipa Jr., curatore ed elaboratore (per via elettronica) del carteggio intercorso tra le Istituzioni leccesi e la famiglia Schipa, al fine di costituire a Lecce un Museo "Tito Schipa", con l’aggiunta degli articoli di quotidiani e riviste che hanno trattato l’argomento.

Il Carteggio proposto in questo sito è composto fino ad oggi (13 giugno 2001) da 47 documenti: 1÷ 45; 19a e 21a. (G.C.).